Lamiere Aguzze


Calogero Di Giuseppe

FRA LAMIERE AGUZZE

Premessa

 Esporre un fragilissimo fiore, anche se grazioso, quale è la Poesia all’impeto della tramontana o quando ulula lo scirocco è cosa ardua. Questo fiore ha il gambo sottilissimo: basta un nonnulla per spezzarlo. Voglio affermare che è un fiore di serra, che il giardiniere non ha seminato né piantato e che ora per amore si diletta a coltivarlo. Al di là di ogni allegoria questa è la poesia pura, vale a dire quella ispirata. Quindi va letta in un determinato stato d’animo.
Quando il letterato si sovrappone al poeta, cercando forme con “ismi” e associandosi a gruppi distinti con pretese avanguardistiche dando una via obbligata alla tematica, non potrà mai scrivere dei versi che contengano la Poesia pura.
Con questo sono ben lontano dall’affermare che il poeta non ha il dovere di rispettare le regole che fanno di una lingua l’espressione del pensiero.
Se è difficile trovare nel letterato l’afflato poetico perché non sa staccarsi da schemi prefissi, dal tipo di metrica da adottare, dalla forma delle strofe, se fare le inversioni alla latina, ecc. ecc. è altrettanto difficile da decifrare per il lettore; rinunciando così a “capire “ e a trovare lo stato d’animo adatto per la lettura del componimento poetico.
Se la poesia non è “sofferta” o  “goduta” secondo il messaggio dell’autore, questi non ha raggiunto lo scopo. Ma tante volte non è colpa dell’autore: molti leggono delle poesie con scarso interesse oppure pensando ad altro. Ecco perché a volte la poesia nasce “ TRA LAMIERE AGUZZE”.  Ognuno di noi ha il dovere di non far arrugginire il gracile gambo, cioè di migliorare le relazioni e le condizioni sociali con amore senza guardare né colore né razza.
Questa premessa per affermare che la semplicità delle parole, degli schemi, della forma dei versi sciolti, scritti soltanto se ispirati, possono avvicinare il componimento maggiormente alla Poesia, soprattutto se si tiene conto di una sincerità assoluta nella tematica portando il lettore ad un maggiore interesse.
                                                                         L’autore.
Maggio 1974  Pioltello (MI) .

Calogero Di Giuseppe
FRA LAMIERE AGUZZE
Presentazione
Calogero Di Giuseppe si presenta da sé con una bella pagina in prosa che dice quel che è sostanzialmente la sua concezione poetica: la poesia deve nascere da una ispirazione spontanea, senza forzature, senza pretese letterarie.
Fedele a questa convinzione il poeta canta spontaneamente la gioia e il dolore, l’amore, la famiglia, la casa e il mondo, che, se ha delle brutture, ha anche bellezza, perché esso sarà sempre bello finché vi saranno speranza e poesia.
Non si deve però credere che questa spontaneità vada a scapito della forma. Di Giuseppe, pur esercitando una professione essenzialmente tecnica, ha una profonda e puntigliosa preparazione letteraria. Egli si nutre di letture sublimi: Dante e Leopardi sono gli autori che predilige.
Per questo nella sua poesia compaiono elementi classici, non ricercati, ma spontanei, frutto di una lenta assimilazione e di una innata predisposizione: perché questo poeta è nato in Sicilia
“Là dove la terra arde
al sorgere del sole”
e dove la classicità è nell’aria, eredità di quella eccelsa civiltà greca che ha impregnato la sua popolazione nei secoli e non è stata scalfita da tante invasioni barbariche.
Ecco dunque che alcuni canti di Di Giuseppe ricordano le favole di Esopo, altri gli idilli del siciliota Teocrito, altri la modernità di espressione e la classicità di concetto che caratterizzano il conterraneo Quasimodo.
Per questo ho gradito il compito di presentare il giovane poeta che ha, per altro, già ottenuto notevoli riconoscimenti: premi, segnalazioni, pubblicazioni su riviste letterarie.
E’ questo il suo primo volume (1), ma è certo che il fuoco della sua ispirazione non si estinguerà qui. Attendiamo dal Di Giuseppe altre prove della sua indiscutibile genialità.                                                                                                                                                    
                                                                        Milano maggio 1974                             
                                                  FRANCESCO PAMPURI    
                                               (Critico del Convivio Letterario).
1) In realtà è il secondo volume dopo il volumetto L’espressione dell’anima.
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Calogero Di Giuseppe

FRALAMIERE AGUZZE
      (Inno alla poesia)
Nascere dal nulla
fragilissimo fiore
e trovarti nelle mie piccole mani
non è reale soltanto
ma miracolosamente vero.
Piccolo, tenue…fiore
nato nella giungla
e coltivato tra mucchi di lamiere…
saprò amarti e sfiorandoti
con le mani straziate
da lamiere aguzze
dirò eternamente t’a…
Non lascerò che la ruggine
arrossisca il gracile gambo
né coglierti farò
da mano alcuna.
22 Settembre 1979 Milano
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Calogero Di Giuseppe

ONESTAMENTE

Vivere? si…
ma alla luce del Golgota
con le tre croci
che illuminano
questo eterno viale
da duemila anni.
9 Novembre 1969  Aeroporto Forlanini

Calogero Di Giuseppe

L’INCIDENTE

Come uno straccio stavo a terra
stordito ancora per l’impatto.
Che colpo per la testa…
improvvisato astrologo
ho visto le stelle.
La morte, ascesa
per l’occasione,
mi girava attorno
e festeggiava l’accaduto.
Contenta per la preda,
certa di portarmi via,
mi si è seduta accanto…
con pazienza.
Quant’era brutta,
scheletrita,
col vestito viola
e bianca in viso
mi sorrideva appena
e gli occhi, come due fanali
a luce infrarossa,
 mi lessero nel cuore lo sgomento.,
si rattristò un poco
e malincuore volle andare via
lasciandomi tra i rottami
in brutta compagnia.
 
14 Dicembre 1972 Aeroporto Forlanini
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Calogero Di Giuseppe

IMPATTO

Un attimo di smarrimento…
Un lacerante stridio di freni…
Un implacabile impatto
e nemmeno un urlo.
Le lamiere contorte piangono
e alle loro lacrime
sono sensibili le sirene
che vogliono attenuare
l’errato vivere.
Ma la morte è giunta da sola
e da sola partirà con la preda
indifferente al pianto umano
calpestato da secoli
inesorabilmente.
11 Novembre 1969 Milano
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Calogero Di Giuseppe

NOI E LA VITA
Noi e la morte andiamo insieme
ci sediamo sulle panchine
guardiamo glia alberi del viale
e pensiamo che…noi e la vita…
Questo letame prima era foglia
e prima che foglia ramo e tronco
e prima tronco albero vivo
e prima che albero letame.
22 Novembre 1969 Aeroporto Forlanini
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Calogero Di Giuseppe

NOI COMMEDIANTI
Ti ho conosciuta
centomila anni fa
“prima donna”…
Insieme recitiamo
questa commedia
bruciandoci a vicenda
col fuoco d’una “ mela”
che ci ha cicatrizzati
per non conoscere l’amore.
5 Marzo 1970 Milano
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Calogero Di Giuseppe

NON SI SENTE LA CAMPANA

In quest’ora del tramonto
più non sento la campana,
eppure l’angelo è venuto
ha volato per Milano
e sopra il Duomo s’è fermato.
Ha rifatto un altro giro
per la gente più svogliata.
S’è sfogato con Maria
con in cuore un gran tormento:
Qui si spara…qui si ammazza…
ci si scorda del gran cuore
che Milano ha sempre avuto.
Io lo so è gente buona:
la sua ” bella Madonnina”
sempre in cuor le resterà…
ma non sente la campana…
Eppure l’angelo è venuto.
Perché mai gente mia
non si recita la sera
la più umile preghiera?

E’ l’ora del tramonto
ma non sento la campana
come in un piccolo paese
dove per “l’ora di Maria”
con l’umile gente
prega l’angelo
e vola via.
3 Giugno1972 Aeroporto Forlanini
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Calogero Di Giuseppe

IL CUORE DELL’UOMO
Il cuore dell’uomo
straziato
accarezzato
odiato
amato
perverso
caritatevole
egoista
mite o atroce
è sempre qualcosa che batte
anche quando le lancette degli occhi
si fermeranno nell’ora immobile…
nel tempo.
19 Gennaio 1970 Milano
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Calogero Di Giuseppe
 
A PENNA IMPAZZITA

Oh cara, amata penna.
Quante cose scrivi
fissando il pensiero di chi ti stringe
fra nervose dita?
Quante volte racconti il dolore
quante volte la gioia
quante volte la vita
quante volte la morte?
“Vivi più di una sigaretta”
essa se ne va in fumo
mentre tu versi il tuo sangue
liberando il cuore
da incontenibili amarezze
da incontenibili gioie.
Da quello che scrivi
dipende la vita, la morte…
Perché il destino
si serve di te umilissima cosa?
Perché senza di te
siamo muti e sconosciuti?
Oh cara, amata penna…
certe volte giri invano
e somigli a l’ape
quando perde l’alveare e impazzisce
scrivendo nell’aria cose
che nessuno legge,
che nessuno sa,
solo l’impulso del cuore
potrà decifrare
la pazza, pazza corsa
nell’immensità.
8 Febbraio 1979 Aeroporto Forlanini
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Calogero Di Giuseppe

NEL SALOON

L’ho vista subito…
bella, rosea, invitante
impagliata in un vestito color cannella
stava dietro il bancone
immobile…bella;
l’ho amata subito
e in un impeto d’amore
la presi per il collo
la portai alle labbra
e baciandola assaporai
quel nettare di fuoco
fino a renderla vuota,
priva del primo rossore…
non più vermiglia
capirete …
era solo una bottiglia.
20 Gennaio 1970 Cologno M. (?)
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Calogero Di Giuseppe

METAMORFOSI

Ho fatto pace col Diavolo.
Oggi mi sembra bellissimo:
non è seduto sul fuoco
né ha il tridente in mano.
Non mi sembra neppure rosso
e non ha neanche le corna.
se l’è tagliati? spuntati?
Come non è il Diavolo…
E’ proprio lui, lui lui lui…
Non scorgo la coda,
non è un problema
di solito quando parla con me
la mette tra le gambe.
Adesso lo tocco…lo tocco…
se non brucia
vuol dire che sto sognando
se si brucia
vuol dire che sto cambiando
che il diavolo sono io
e che lui diventa pio.
22 Giugno 1970 Milano
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Calogero Di Giuseppe

LA BROCCA ROTTA

La brocca è rotta…
si è sparso il contenuto
inzuppando i cocci
che nell’indifferente selciato
sono rimasti qua e là ...grondanti.

Ma io che mi sono dissetato
attingendo l’ideale,
tessendo il filo della vita,
inginocchiato li raccatterò
ad uno a uno
per ricomporla
in un minuzioso mosaico.
(?) 1969 Milano
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Calogero Di Giuseppe

AL POETA
 
I frutti del seme che spargi
non si vedono…vibrano.
Vibrano nel cuore
che pronto raccoglie il senso
delle cose che dici.

In silenzio sono raccolte
con pensiero di piume…leggero
e profondo rimane nell’animo
un turbine di cose sensate
che per lo spirito distilla
un amore
e alimenta con la speranza
la vita.
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Calogero Di Giuseppe

RESURREZIONE

Nel tardo autunno
lasciò l’albero
una foglia.
Si credeva morta.
Una formica
caduta nello stagno
vi si appigliò;
insieme
raggiunsero la riva
6 Luglio 1973 Aeroporto Forlanini
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I CIPRESSI SANNO

Che credi…
che i cipressi ti dicano
del pianto che sanno?!…
Muti nella solitudine
chiudono il dolore altrui
nel proprio “io”
e in fila se ne stanno
lungo il cammino
di un riposo eterno.
13 Marzo 1972 Pioltello
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Calogero Di Giuseppe
LA MENZOGNA

La menzogna…la menzogna
senza vergogna
a spasso se ne va.
Se ne va per le città
per le campagne
per mari e per monti.
Salta fossi e ponti.
Sta nel sorriso ben celata
nel pianto e in altre forme.
Fa disdetta alla clemenza
alla Giustizia, alla potenza.
Di bugie è ben vestita
di truffe e altre cose,
si sente affascinante
amorosa e fidanzata
promessa e mai sposata.
21 Gennaio 1972 Cologno M.
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 Calogero Di Giuseppe

GRAVIDANZA
Io e Lei…
io e Lei aspettiamo.
Aspettiamo questa tenerissima speranza
che presto vivrà
come un piccolo fiore
in un vastissimo prato.
Un prato sempre verde
con amore vero
nato da grande affetto.


La primavera profumerà
questa nuova vita
e la gioia ci terrà vicini
sempre vicini…
per vivere in amore
come se fossimo un solo fiore.
21 Gennaio 1971 Cologno M.
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Calogero Di Giuseppe

IL PALLONCINO

Venti lire un palloncino
(grida roco il venditore)
venti lire un palloncino
che vi dà felicità.

Tanto bello colorato
con lo spago di cotone
con la forma di Geppetto
di Pinocchio o Barbablù.

Uno a me, uno a me…
voglio ridere e giuocare
con gli amici a me dintorno
divertirmi e nulla più.
Lesto prende in mano il filo
con la gioia dentro il cuore
se lo guarda bello bello
e correndo se ne va.

Schiude un attimo la mano
( che sorpresa poverino)
il pallone leggermente
verso l’alto sene va.

Alza le mani…resta smarrito…
Restano gli occhi…guardan lassù,
venti lire un palloncino
nello spazio e nulla più.
16 Dicembre 1971 Cologno M.
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Calogero Di Giuseppe

P A P A’
Nel silenzio
on un soffio lieve
la cima del cipresso
cullava l’ombra
sul ritratto del nonno,
non piangevi…né parlavi.
Non volevi che il mio piccolo cuore
conoscesse il dolore.
Mi tenevi stretta la mano
e girandoti dicevi soltanto
papà…
Son cresciuto.
Come a Te il lavoro
riempie la mia vita.
Nelle preghiere a Dio
chiedo solo di Te.
Voglio che mi guidi
nella vita onesta
e nella povertà pulita.
Sono anch’io papà.
Non vedi? Questa creatura
a cui stringo la mano
mi sentirà soltanto dire
papà…e non piangere.
Ma dalla voce velata
certo capirà
perché ti saluto
e dico papà.
24 Aprile 1972 Aeroporto Forlanini
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Calogero Di Giuseppe
UN BIMBO CHE SA
 
Ti voglio bene papà…
non quando compri per me
giocattoli che male
mi fanno.
Non comprarmi pistole
archi con frecce;
né fucili ad acqua
o a ventosa.
Non ammazzo indiani
né uccido cow boy.
Io sono un bimbo.
Un bimbo che gioca
che ride e che piange
che piange e che ride.
Un bimbo che sa
che l’uomo già grande
non deve ignorare
l'ingenuità.
27 ottobre 1972
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Calogero Di Giuseppe

CHE FORTUNA… BASLINI

Nel silenzio della sera
sento piangere papà.
E’ un dolore più grande di me.
Io non piango per lui:
soffrirebbe troppo
nel vedermi piangere.
La mamma non è morta
eppure con noi non c’è.
Ha lasciato i fratellini
col povero papà.
La mamma non è morta
i morti siamo noi
straziati tutti i giorni
per l’affetto a papà.
La sera quando torna…
che casa si ritrova.
Ma con amore e pazienza
accudisce ai fratellini;
prepara da mangiare,
gioca con noi
rimbocca le coperte
e infine (ecco il momento)
a letto se ne va.
Ed io lo sento piangere.
La mamma non è morta
e andata col divorzio…
se l’è portata lui.
Chissà chi l’ha inventata
la vile assurdità.
2 Novembre 1972
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Calogero Di Giuseppe

LU SCECCU
     (L’asino)
‘ nu sceccu
iera assittatu
‘ncapu’na panchina.
Si liggiva lu giornali
e ogni tantu tistiava
pi via di chiddu chi liggiva.
La genti chi passava, vidiannulu
si mittiva ridiri
e, si nun avianu prescia,
si firmavanu…
e taliavanu.
Fra tanti,
unu, ‘chiù sceccu di lu sceccu,
ci dissi: “chi liaggi a fari…
tantu nun capisci nenti”
E’ veru – arrispunnì lu sceccu-
‘ia nun capisciu nenti
ma nemmenu vuantri uamini,
picchì si capissivu corchi cosa
nun vi ammazzassivu
cuamu cani
e mancu facissivu differenza
tra niguri e bianchi
tra ricchi e poviri
e tra “finti intellettuali”
e poviri ‘gnoranti.
20 Luglio 1972 Aeroporto Forlanini
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Calogero Di Giuseppe

LA STRATUZZA

La stratuzza
iè stritta stritta…
nica nica;
allargannu li vrazza
si toccanu li mura
cu la punta di li ìta.
Lu suli vasciu vasciu
l’abbaglia a mità,
e ‘ncorchi finescia
ncurnicia ‘na facci stanca,
appena appena
turnata di travagliari
chi stanchizza a sira
chi stanchizza…
6 Settembre 1969 Mussomeli
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Calogero Di Giuseppe

IL DRAMMA DELL’EMIGRANDE

 Cu vavaruattu ‘mani
e lu gumitu appuiàtu
‘ncapu a u tavulinu
piansu a ‘tia terra bedda
e la gintuzzi ca ci stannu…
Puvuriaddi chi pena, puvuriaddi…
A matina ,stanchi
ancora di la sira,
a travagliari sinni vannu
pi quattru sordi.
Chi vita puvuriaddi
chi miseria…certi voti
nun hannu mancu lu travagliu.
E ìa chi fazzu?
Sugnu ‘ca a mangiari
pani “buanu”, pani “dunci”
quasi tradituri
di li me cumpagni.
E li governanti
chi fannu? chi vuannu?!…
S’un fussi pi sta Madunnina
ca di dda ‘ncapu luci
e pi ‘sti vrazza
poviru figliu tua
poviru figliu…
     4 Marzo 1973
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Calogero Di Giuseppe

LA DINAMICA DELL’UOMO

Veloce il jet va…veloce
solcando l’aria nello spazio
aerodinamicamente.
E’ l’uomo che vola. E’ l’uomo
che nell’infinito spazio della vita
sa trovare un attimo…
un attimo di serenità.
Ma l’uomo che inventa, che crea
non sa tenere nell’animo
quel senso di umano candore
quando tocca con “l’ala mentale”
un lembo d’immensità.
E di nuovo non può decollare
nello spazio della pace
e si tormenta e soffre…
costruisce e disfa
disfa e costruisce
e in un balenio di luci e ombre
vive e muore.
20 Settembre 1972
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Calogero Di Giuseppe
 
PENSIERI AL TRAMONTO

Ciao, sole calante…
vediamoci domani.
Il tramonto di stasera
è soltanto l’alba di una notte.
Mi sveglieranno i primi tuoi raggi
ma non saprò se Lei…
Si se Lei…
Vorrei tanto…Tanto tanto.
E’ muta come la luna;
mi sta lontano come la più piccola stella…
eppure noi l’amiamo.
La vogliamo nel nostro mondo.
Ciao sole calante…
ci vediamo domani
per aspettare ancora
un’alba sincera.
3 Aprile 1970 Aeroporto Forlanini.
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Calogero Di Giuseppe

SERENITA’ NOTTURNA
Or che la notte scende…è giorno altrove,
e qui la luna bionda e luminosa,
mi da l’attesa
serenità notturna.
Che silenzio!…che pace!…
Vedo brillar le stelle quietamente,
come in un sogno strano, tanto strano,
con lieta calma…
soavità gradita.
Che splendore!…che pace!…
Ed ecco, là, più in là dell’orizzonte
vedo la calma, fonte del pensiero…
mi immergo ancora
in cavità più nere.
al di là…nella pace
delle divine cose. Più non penso
terrene cose; scordo la fatica
del chiuso giorno;
e resto qui pensando
tra terra e ciel vagando.
18 Marzo 1961.
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Calogero Di Giuseppe

LA TROMBA D’ORO
  ( Louis Armstrong)
La “luce” s’è spenta
le falene non le girano più intorno.
Tutte le chitarre
piangono suonando;
tutte quante…
Le meste trombe
e il soffio del flauto
coronano l’armonia
di un anelito vibrante
di vita e di colore.
Contrabbassi e bassi
con toni cupi e lievi
scandiscono un dolore
negro, troppo negro
negro da secoli.
Colpi di gong
tra precise pause
e braccia negre vogano
e galee nel tempo corrono
corrono corrono…
Non più remi, non più…
ma fucili e pale
bastoni e piaghe,
piaghe sempre piaghe.
Nei grandi occhi un pensiero mesto.
Nelle tumide labbra un sorriso vago
e la Tromba d’oro se ne va
ma resta l’eco nell’umanità.
11 Luglio 1971 Cologno Monzese.
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Calogero Di Giuseppe

QUANDO L’ANIMA PENSA

 Quando l’anima pensa
e il cuore in tumulto
travaglia il corpo
si sente nel passato
la gioia vissuta.
e tu Bianca
col volto bruciato dal nostro sole
sorridi…sorridi sempre
e la nostra luce negli occhi
si fa molto più viva.
Povera…povera Bianca
quante volte le nostre mani
intrecciate in un unico calore
si sono fuse in un solo “io”
Ma ora dove sei?!…
dove sei Bianca!…
non trovo più le tue mani
non trovo più niente di te.
Ma per l’amore che ti porto
non venire più nella notte
non venire più…
I sogni sono fatti per i “forti”
non per me Bianca, non per me
perché il brusco risveglio del mattino
mi fa vibrare nel cuore
la vile voglia
di dormire…per sempre.
12 Dicembre 1969 Aeroporto Forlanini.
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 Calogero Di Giuseppe
LA SPERANZA DEL POETA

Sono un nulla
in fondo al pozzo…
Sognando “l’aria”
lancio parole
come bolle,
leggere leggere…
Sperando che un giorno
vinca l’amore.
14 Marzo 1973
………………
Calogero Di Giuseppe

N O I  P E C C A T O R  I

(Io sono la vita, la verità, la via.) Giov.14,5-11.
Sulla strada
lastricata di parole
piene di luce
noi brancoliamo
o Signore…
Non sappiamo leggere
quel che chiaro è scritto.
Deviamo i buoni
con “cartelli” errati
su un pendio che scivola veloce
verso il baratro eterno.
La tua strada è Luce Signore…
ma noi scegliamo
le zone d’ombra
perché vivere
ci piace
nel male
rantolando.
14 Luglio 1973
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Calogero Di Giuseppe

LE BARCHETTE DI CARTA
Il salice…
con i suoi verdi rami
mi piangeva
davanti agli occhi;
scorgevo appena
le barche di carta
sfiorare l’acqua.

I pensieri correvano
dietro le barche
come bambini…
e mi trovai
subito vecchio.
13 Marzo 1973.
…………………………………
Calogero Di Giuseppe

FRANCA
(Primo mese) (1)

Come un uccello
implume nel nido
apri la bocca
piccola mia…
Aspetti la vita
dal seno amoroso.
Ti veglia lo sguardo
che tanto ti ama…
ed ogni tuo gesto
felice mi fa.
Dal 22 al Febbraio 24 1973.
1)      Data di nascita 24/1/1973
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Calogero Di Giuseppe

LA TERRA TREMA
(Medio oriente 1973)
 
La terra trema!…
Passano i carri armati.
Cingolata morte, dove vai tu?
Nel deserto vaghi,
la mano tendi
all’una e all’altra sponda.
Dalla ragione ignara
per cui l’uomo cade
s’alza e ricade.
Egli s’affatica nelle “sabbie”
che mobili nel tempo
lo nutrono d’oblio.
La terra trema!…
Desolata morte dove vai tu?!…
Nel cielo non erra la luna
né le stelle nell’infinito
ma ”mezzi” di cui l’uomo
per sempre sarà schiavo.
Piove dall’alto fuoco.
Pellegrina la vita
che nel sangue s’allaga,
tende la mano a te
che forsennata l’accetti
scuotendo nefasto
l’orrendo tuo capo.
Il cuore trema!…
passano i carri armati.
cingolata morte dove vai tu?!…
La scia che i “morti” risuscitino
con l’amore nella pace.
Dal 22 al 24 Ottobre 1973
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Calogero Di Giuseppe
SENZA DUBBIO
 
Nel mio mondo
dove il sì afferma
e il no nega
non può entrare
il ma compromettente
né il forse dubbioso…
sarebbe la mia fine.
Non mi districo nel dubbio
ma nella consapevole speranza
di un mondo travagliato.
3 Novembre 1973.
…………………
Calogero Di Giuseppe
È’ NATO UN EMIGRANTE

Con in grembo un bimbo
e tra le mani un fagotto
è venuta dalla patria lontana
per trovare il suo “Giuseppe”…
Come la Madonna
ha lasciato la sua terra.
Qui trova una baracca
di legno e di lamiere.
Nido d’emigrante
col calore di tavole accese.
E’ nato qui il figlio del dolore
ed ora la “guardia del cantiere”
sorride al sorriso della donna,
mentre dalle fessure
lo spiraglio di luce
illumina l’ignara creatura
che più povera di Cristo nata
vivrà d’amore e di speranza
senz’asino né bue.
13 Dicembre 1973 Aeroporto Forlanini.
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Calogero Di Giuseppe

APRILE

 Nel chiaro ciel si spengono le stelle;
il re degli astri dà la nuova luce
che in cima al monte tutta d’oro pare.
Risorge Dio; è Pasqua; tutto è pace
e i primi fiori s’apprestano a sbocciare.
Nelle campane tuona l’allegria,
nelle campagne l’animal si desta
e negli umani cuor v’è l’opra pia.
Parlar d’aprile è come dire festa;
ché la natura nasce, ride, canta…
perché gli uccelli lieti fanno il nido
e il “vanitoso” mese se ne vanta.
1960-1961 ?
 ……………………
Calogero Di Giuseppe

MAGGIO

Spinte dal vento corrono le nubi,
sotto lo sguardo scettico del sole;
formano scene belle molto rare…
che ammirar l’umano sguardo suole.
Alita il vento…culla il “verde mare”,
dove la ritta mostra il grano
e par che dica a Dio supplicando:
-         Al mio colono riempigli la mano.
-         Da fiore in fiore vanno saltellando
mille farfalle; è Maggio! è Maggio! è Maggio!…
lo san gli uccelli, il cielo, il mare, il mondo…
e par che Dio gli manda il suo messaggio.
1960-1961 ?.
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Calogero Di Giuseppe
IL SASSO
(Premio internazionale per la poesia classica
PUBBLIO VIRGILIO MARONE,
terzo classificato Roma 30 Settembre 2005).

 Seduto me ne stavo sopra un masso
ad ammirar le tacite pinete
ed a sentir del Brenta il cupo chiasso
nel mormorar le cose più segrete.

Scorsi non lungi un gran burrone alpino
e con la folle voglia di guardare
mi sporsi… e vidi un sasso lì vicino
lo presi per lasciarlo rotolare.

Ed ecco che pian piano, gira e gira…
su pietre sbatte, salta, sbalza e va…
un tronco schianta…forte si rigira,
e giù nel fondo tonfa e se ne sta.

Ad imitar quel sasso, il cuor mi batte
urtando tra le pene e tra gli affanni.
Dalla passata vita sopraffatte
son le speranze all’avvenir degli anni.
Luglio 1961 Fozza
...............................................................
Calogero Di Giuseppe

COLORE SENZA BANDIERA

In questa apoteosi della tecnica
la mia voce è stridula.
il mio “grido” è perso
nell’assordante fragore
del flutto di lamiere.
Il mio grido d’angoscia
sparso per la giungla,
dove “l’uomo non fa l’uomo”,
non ha eco…
Eppure di queste onde
quante spirali vi sono all’infinito?
La mia pelle ha il colore della sofferenza,
ricorda ancora il segno della frusta.
Ma l’anima ha forse una tinta?
Può essere repressa
d’una civiltà sbagliata?
Io non sono…
ma sono
quando la mia mano stringe un fucile
e varca le frontiere
per una bandiera
che non l’ama.
Cosa dirà questa bandiera
candida l’una
or che le tue soglie ha varcato?

Il tuo sguardo che posa su “tutti”
una luce pacata
sa del mio pianto…
e non può che soffrire
d’un simile sgarbo.
All’impura bandiera
non sorriderai
né sarai inospitale, travagliata luna;
il nostro cuore non sa negare
e per questo, forse, il male soffoca il bene.
Tu che conosci tutte le epoche
mai hai subito simile affronto.
Con sfrontata ipocrisia
ti dirà che il tuo volto ha il colore non buono
e del suo ti farà debole schiava.
Povera… povera luna…
quanto ti tocca soffrire!
Il mio dolore nei secoli
è nulla vicino al tuo;
“il mio non ha amici”.
Per te che rischiari i grandi peccati
e che doni nelle tenebre
la tua placida luce
è certo che qualcuno piange
e piangerà con me.
3 Febbraio 1969 aeroporto Forlanini.
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Calogero Di Giuseppe

LA BALLATA DEL LUMINO

Lassù, la troverò la mia casetta
lassù…in cima al sentiero.
Arriverò sul far della sera
quando le ombre l’avvolgeranno
con l’intera collina.
Questo sentiero scosceso e roccioso
percorrerò con l’affanno di chi ama…
Piccola, dolce casetta mia.
Ti vedrò da sola tra gli abeti…
le querce, i pini e l’erbe profumati
 che fresche di rugiada
ti brilleranno intorno.
Ancora un poco e poi ti vedo.
Ancora un poco, un poco, un poco.
Ecco…ecco il fumo del camino.
Il fuoco è acceso. Mi aspettano.
Oh il rosa del tenue lumino.
Casetta mia quando amore mi dai
se resto a contemplarti.
I ricordi s’affollano in mente
e gli occhi piangono di gioia.
Sono io che sogno quel che fu?
Ed io chi sono? Chi ero?
Un boscaiolo che vecchio
solo resta qui seduto.
Il tiepido calore del camino,
la legna che brucia, la fiamma
che lenta balla tra gli alari,
i ritratti al muro, il vuoto,
tutto mi fa tremare,
tutto mi fa pensare alla vita
umile e lieve, povera e felice.
Vestiti a nuovo s’andava
a Messa la Domenica.
Che gioie, che strilli, che grida
hai udito casetta mia.
Ed ora nel silenzio
mi trovo sconsolato.
Il sussurro delle foglie al vento
mi porta via la tristezza.
Si sente in compagnia il cuore
assieme alle secche foglie,
al lieto cinguettio degli uccelli
e a questa eterna melodia
fuori del mondo rumoroso
delle città nere di fuliggine.
Sopra il camino lentamente
ti consumi, piccolo lumino.
La luce che mi dai non è smagliante
ma è tutta una vita, un ricordo
di piccolissime grandi gioie
lontane e vicine.
La sera intorno a te
al desco raccolti
stanchi e felici
parlavamo del duro lavoro
ed ora “vecchierel bianco infermo”
mi trovo solo coi ricordi.
Chi sono, chi ero?, che sarò?
Fiammella tenue che sarò?
Io come te tremo
fiammella mia, come te.
La tua ballata è la mia.
Presto ci spegneremo insieme…
stasera…ora…ora…
perché non torno in città.
Non scendo più il sentiero.
Resto a vederti danzare
e le tremule ombre
che al muro rifletti
saranno la mia agonia
fino a quando giungerò loro
per un riposo eterno.
9-10 e 11 Ottobre 1972.
Grazie per avermi letto. Ciao Calogero
LAMIERE AGUZZE
LAMIERE AGUZZE

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VERSO LAMPEDUSA

V E R S O L A M P E D U S A

Calogero Di Giuseppe

Donare se stessi ... è questo che dovrebbero fare tutti i Poeti.

Soprattutto amare tutto e tutti. Non bisogna essere per forza santi... ma essere coerenti con la sensibilità della “espressione dell’anima”, chiamata Poesia.

Non si può essere poeti e infischiarsene del prossimo.

Migliaia di disperati scappano verso il mare per la Libertà e la trovano nei fondali del mare...

o prima ancora nell’arsura dei deserti.

Questo mi suggerisce la poesia della sensibile amica

Luisa Colnaghi.
..............
Arrivati alla spiaggia
lacerati nel corpo
con l'animo vuoto
sono sfuggiti alla tempesta
la lingua straniera
tradita nel ricordo
… fame, freddo
del tempo coloniale
scaldati al fuoco di Dio
dividiamo il nostro pane
Sanfrancesco ha donato
veste e mantello
ha parlato al lupo
.....
27 maggio 2011Luisa Colnaghi


L'ITALIA S'E' DESTA



L’ITALIA SE DESTA





DAL 13 Giugno scorso il “Tricolore” della nostra Bandiera è più pulito. Splende di più. Si è liberato dal grigiore in cui l’avevano infangato alcuni cittadini italiani. I veri italiani non sono un popolo di ladri o puttanieri. È naturale che in una nazione vi siano delle minoranze di farabutti e degli avanzi di galera che, spesso, sopprimono i bisogni dei cittadini esemplari.



ORA L’ITALIA S’È DESTA ...



lo dimostrano gli ultimi tre eventi elettorali democratici. Finalmente l’Italia ha riscattato il proprio onore con un Nuovissimo Risorgimento Italiano". La spazzatura è ancora al potere: diamoci da fare con una scopa nuova.



Vigiliamo e non fidiamoci di nessuno.



Calogero





AUTORI OSPITI

Pioltello, Via George Bizet, Musicista

I GRANDI UOMINI

......................

PEPPINO IMPASTATO

Giuseppe Impastato è uno dei grandi eroi sacrificatosi per la dignità della Sicilia e per riscattare la dignità di ogni uomo degno di tale nome. Ha lottato contro la mafia di cui “il padre ne era componente”. La verde città di Pioltello gli ha dedicato uno dei suoi grandi giardini pubblici per bambini, in via George Bizet proprio davanti ai plessi delle scuole elementari e medie. Nel cippo che lo ricorda si può leggere una delle sue poesie sottoscritta.

Lunga è la notte

e senza tempo.

Il cielo gonfio di pioggia

non consente agli occhi

di vedere le stelle.

Non sarà il gelido vento

a riportare la luce

né il canto del gallo,

né il pianto di un bimbo.

Troppo lunga è la notte

senza tempo

infinita.

..................................................................

Ai prepotenti d’Italia, “Poetica Onestà” ricorda che sono ad un passo dalla morte: fisica e morale.

Neanche i vermi potranno sopportare la loro anima puzzolente.

Calogero